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mercoledì, settembre 27, 2006

 

L'errore di Benedetto XVI


“Quel che dipende della fede di qualcuno, non può imporsi a tutti. In questa prospettiva è doveroso, in modo particolare, rimuovere i crocifissi dagli edifici pubblici, affinché tutti i cittadini, quale che sia il loro convincimento spirituale, possano egualmente riconoscersi in uno spazio comune, sottratto al privilegio particolare d'una confessione.”
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Luigi Tosti, magistrato.
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L'errore di Benedetto XVI
di Henri Pena-Ruiz, scrittore e filosofo.
Ultimo lavoro uscito: Qu'est-ce que la laïcité?, (Cosa è la laicità?) Gallimard.
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Da quale parte, nella storia dell'umanità, si sono trovati il rifiuto della ragione e il ricorso alla violenza per imporre la religione? Pretendere, come ha fatto papa Benedetto XVI a Ratisbonne, che soltanto l'islam sia la causa di ciò, si risolve in una singolare mistificazione. In primo luogo, è evidentemente ingiusto confondere islam e islamismo. Come lo sarebbe confondere la fede cristiana e il clericalismo cattolico, ispiratore delle guerre di religione, delle crociate, dei roghi dell'Inquisizione, dell'Indice dei libri vietati, e dell'anti-giudaismo tramutatosi in antisemitismo senza che una tale degenerazione sia mai stata denunciata.
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Secondariamente, non si può obliterare la circostanza che l'idea di diffondere la fede con la spada è stata sostenuta dai teologi cristiani quanto da certi islamisti. Lo stesso sant'Anselmo affermava che la Chiesa deve usare due spade: la spada spirituale della scomunica e la spada temporale del castigo corporale, arrivando persino alla condanna a morte degli eretici e dei miscredenti. «Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi»: è la risposta data del legato del papa, Arnaud Amaury, a quelli che, durante l'assedio di Béziers, nel 1209, volevano distinguere i cattolici dagli eretici. Si trova la stessa grande espressione nella penna di San Paolo : «Il Signore conosce i suoi» (IIa Epistola a Timoteo). Sant'Agostino d’Ippona, che non era da meno, affermava: «C'è una persecuzione giusta, quella che fanno le Chiese di Cristo agli empi... La Chiesa perseguita per amore e gli empi per crudeltà.»
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Se il cristianesimo è religione di pace e di dialogo razionale, come giustificare che, durante i quindici secoli della sua dominazione temporale, la Chiesa, che affermava di volersene inspirare, abbia potuto coprire tante violenze che sono state arrecate ad uomini che non credevano come si doveva? Emanuele Kant, che Benedetto XVI cita nella sua conferenza, stende un bilancio ragionato della storia reale del cristianesimo e lo confronta con l'orientazione morale che attribuisce a Gesù Cristo.«Questa storia del cristianesimo, [...] quando la si valuta con un solo colpo d'occhio, come con un quadro, potrebbe ben giustificare l'esclamazione "Tantum religio potuit suadere malorum" ("La religione ha potuto ispirare tanti mali"), se l'istituzione del cristianesimo non mostrava sempre in un modo abbastanza chiaro, che non ebbe all'inizio altro scopo se non quello di introdurre una pura fede religiosa» (la Religione nei limiti della semplice ragione). Quanto a Vittore Hugo, credente, anch'egli non transige: «Noi conosciamo il partito clericale. E`un vecchio partito che ha degli stati di servizio. E` lui che fa la guarda alla porta dell'ortodossia. E` lui che vieta alla scienza e al genio di andare aldilà del messale, e che vuole chiudere il pensiero nella clausura nel dogma. Tutti i passi che ha fatto l'intelligenza in Europa, li ha fatti nonostante lui. La sua storia è scritta nella storia del progresso umano, ma è scritta al contrario» (discorso del 20 gennaio 1850).
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Come si vede, è un abuso affermare che la religione cristiana ha rispettato la ragione, quando al contrario, da molto tempo, i suoi stessi rippresentanti ufficiali ne hanno ammesso la possibilità di utilizzarla soltanto entro i limiti del dogma, come lo dimostra la condanna a morte, nel 1600, a Roma, di Giordano Bruno, e, trentatré anni dopo, la condanna di Galileo da parte dell'Inquisizione. Quanto ai filosofi greci, è grazie al lavoro di pensatori arabi, come Averroe, che si deve in larga misura il salvataggio della loro eredità, in un'epoca in cui il cristianesimo non salvava di essi solo ciò che poteva concordare con la dottrina religiosa. Cosi, l'idea che il mondo non è stato creato, cara a molti filosofi greci, fu a lungo censurata, e si ammetteva d'Aristotele solo ciò che poteva «servire la teologia».La stessa ragione veniva osteggiata in modo singolare, come da Sant'Agostino d’Ippona : «Credo quia absurdum» («Credo perché è assurdo»).
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Il contrasto messo in evidenza da Benedetto XVI si regge dunque solo su due argomenti nient'affatto accettabili : da una parte, la tesi della solidarietà storica tra cristianesimo e ragione. Dall'altra parte, l'obliterazione dell'islam dei Lumi, particolarmente quello d'Averroe, che riconosceva alla ragione umana il potere d'interpretare i versetti del Corano quando il loro significato letterale contrastava con essa (vedere il Discorso decisivo).
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Quanto alla recente dichiarazione attribuita ad Al-Qaeda, che si scaglia contro la laicità, ravvisandovi un'invenzione dei «crociati», essa manifesta allo stesso modo un singolare errore storico. L'ideale laico, lo si sa, professa l'uguaglianza dei diversi credenti, degli atei e degli agnostici, e allo stesso tempo la loro libertà di coscienza. Esso fu conquistato, in Francia, non contro il cristianesimo, ma contro il clericalismo cattolico che pretendeva di dettare legge in nome d'una fede. In sintesi, se si vuole, contro i moderni «crociati». Le leggi laiche di separazione hanno ricondotto la manifestazione della fede nella sfera privata, individuale o collettiva, dei soli fedeli. Quello che dipende dalla fede di qualcuno, non può essere imposto a tutti. Con questo spirito i crocifissi, in particolare, furono rimossi dagli edifici pubblici, affinché tutti i cittadini, quale che sia il proprio convincimento spirituale, possano riconoscersi nello stesso modo in uno spazio comune, sottratto alla tutela privilegiata di una sola confessione. L'esigenza di neutralità delle istituzioni, comune a tutti, permette di capire appieno la sua ragione d'essere : promuovere quello che l'interesse comune. Non è dunque esatto vedere in una tale conquista una vittoria dei «crociati».
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Qual è l'errore comune al papa e ad Al-Qaeda? Quello rappresentato dal riferimento a tradizioni chiuse, territorializzate, e che confonde le civilizzazioni con le religioni. Pretendere che i «buoni valori» provengano solo da un luogo particolare, è inaccettabile. Si tende cosi ad aizzare, gli uni contro gli altri, i gruppi umani, come lo fa l'opera dell'ideologo americano Samuel Huntington, Lo scontro delle civiltà, il quale valuta in modo gerarchico le «culture», trattate come blocchi monolitici. Si riallaccia cosi implicitamente con la tesi etnocentrista da poco denunciata da Lévi-Strauss, nella sua conferenza «Razza e Storia». Si attribuiscono storie peculiari, enfatizzate contro le storie degli altri, e il disprezzo segreto o manifesto, allora, non è altro che la conseguenza d'un siffatto «spirito campanilistico».
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I diritti dell'uomo, la democrazia, gli ideali di libertà e d'uguaglianza, di pace e di fraternità, l'emancipazione laica, non sono i prodotti d'una storia o d'una civilizzazione particolari, ancora meno l'eredità d'una religione. Sono conquiste dell'umanità che ha rifiutato l'oppressione, conquistate sovente nel sangue e con le lacrime, a discapito delle tradizioni cotrarie. La loro portata universale trascende tutte le eredità e risiede nell'esigenza d'una vita umana dignitosa, libera da qualsiasi schiavitù.
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Fonte:
www.liberation.fr
20.09.2006
Traduzione di Georges Jobert
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L'erreur de Benoît XVI
par Henri Pena-Ruiz écrivain et philosophe. Dernier ouvrage paru : Qu'est-ce que la laïcité ?, Gallimard.
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De quel côté, dans l'histoire humaine, se sont trouvés le rejet de la raison et le recours à la violence pour imposer la religion ? Prétendre, comme l'a fait le pape Benoît XVI à Ratisbonne, que l'islam seul est en cause relèverait d'un singulier oubli. D'abord, il y a évidemment injustice à confondre islam et islamisme. Comme il y en aurait à confondre la foi chrétienne et le cléricalisme catholique, inspirateur des guerres de religion, des croisades, des bûchers de l'Inquisition, de l'Index des livres interdits, et de l'antijudaïsme converti en antisémitisme sans qu'un tel glissement soit dénoncé.
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Ensuite, on ne peut passer sous silence le fait que l'idée de répandre la foi par le glaive a été soutenue par des théologiens chrétiens autant que par certains islamistes. Saint Anselme lui-même affirmait que l'Eglise doit user de deux glaives : le glaive spirituel de l'excommunication et le glaive temporel du châtiment corporel, allant jusqu'à la mise à mort des hérétiques et des mécréants. «Tuez-les tous ! Dieu reconnaîtra les siens» : c'est la réponse effectuée par le légat du pape, Arnaud Amaury, à ceux qui, lors du siège de Béziers, en 1209, souhaitaient distinguer les catholiques des hérétiques. On trouve la fameuse expression sous la plume de saint Paul : «Le Seigneur connaît les siens» (IIe Epître à Timothée). Saint Augustin n'était pas en reste, qui affirmait : «Il y a une persécution juste, celle que font les Eglises du Christ aux impies... L'Eglise persécute par amour et les impies par cruauté.»
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Si le christianisme est religion de paix et de dialogue rationnel, comment comprendre que, pendant les quinze siècles de sa domination temporelle, l'Eglise qui disait s'en inspirer ait pu couvrir tant de violences faites aux hommes qui ne croyaient pas comme il faut ? Emmanuel Kant, que Benoît XVI cite dans sa conférence, dresse un bilan raisonné de l'histoire réelle du christianisme et le confronte à l'orientation morale qu'il attribue à Jésus Christ. «Cette histoire du christianisme, [...] quand on l'embrasse d'un seul coup d'oeil, comme un tableau, pourrait bien justifier l'exclamation "Tantum religio potuit suadere malorum" ("Tant la religion a pu inspirer de maux"), si l'institution du christianisme ne montrait pas toujours d'une façon suffisamment claire qu'il n'eut pas primitivement d'autre fin véritable que d'introduire une pure foi religieuse» (la Religion dans les limites de la simple raison). Quant à Victor Hugo, croyant, il ne transige pas non plus : «Nous connaissons le parti clérical. C'est un vieux parti qui a des états de service. C'est lui qui monte la garde à la porte de l'orthodoxie. C'est lui qui fait défense à la science et au génie d'aller au-delà du missel et qui veut cloîtrer la pensée dans le dogme. Tous les pas qu'a faits l'intelligence de l'Europe, elle les a faits malgré lui. Son histoire est écrite dans l'histoire du progrès humain, mais elle est écrite au verso» (discours du 20 janvier 1850).
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On voit qu'il est abusif d'affirmer que la religion chrétienne a respecté la raison, alors que ses représentants officiels n'en ont longtemps admis l'exercice que dans les limites du dogme, comme le montrent la mise à mort, en 1600, à Rome, de Giordano Bruno, et, trente-trois ans plus tard, la condamnation de Galilée par l'Inquisition. Quant aux philosophes grecs, c'est au travail de penseurs arabes, comme Averroès, que l'on doit en large part le sauvetage de leur héritage, à une époque où la chrétienté ne retenait d'eux que ce qui pouvait concorder avec la doctrine religieuse. Ainsi l'idée que le monde est incréé, chère à bien des philosophes grecs, fut longtemps censurée, et l'on n'admit d'Aristote que ce qui pouvait «servir la théologie». La raison elle-même restait singulièrement bridée, comme chez saint Augustin : «Credo quia absurdum» («Je crois ceci parce que c'est absurde»).
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Le contraste mis en exergue par Benoît XVI ne tient donc que sur la base de deux arguments peu recevables : d'une part, la thèse de la solidarité historique entre christianisme et raison. D'autre part, le silence fait sur l'islam des Lumières, notamment celui d'Averroès, qui reconnaissait à la raison humaine le pouvoir d'interpréter les versets du Coran lorsque leur sens littéral la heurte (voir le Discours décisif ).
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Quant à la récente déclaration attribuée à Al-Qaeda qui s'en prend à la laïcité en y voyant une invention des «croisés», elle révèle également une singulière erreur historique. L'idéal laïque, on le sait, stipule l'égalité de principe des divers croyants, des athées et des agnostiques, en même temps que leur liberté de conscience. Il fut conquis, en France, non contre le christianisme, mais contre le cléricalisme catholique qui prétendait dicter la loi au nom d'une foi. Bref, si l'on veut, contre les modernes «croisés». Les lois laïques de séparation ont reconduit la manifestation de la foi à la sphère privée, individuelle ou collective, des seuls fidèles. Ce qui est du ressort de la foi de certains ne peut s'imposer à tous. Dans cet esprit, les crucifix, notamment, furent ôtés des monuments publics, afin que tous les citoyens, quelle que soit leur conviction spirituelle, puissent se reconnaître à égalité dans un espace commun, soustrait à la tutelle particulière d'une confession. L'exigence de neutralité des institutions communes à tous leur permet d'assumer pleinement leur raison d'être : promouvoir ce qui est d'intérêt commun. Il n'est donc pas exact de voir dans une telle conquête une victoire des «croisés».
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Quelle est l'erreur commune au pape et à Al-Qaeda ? Celle qui consiste à se référer à des traditions closes, territorialisées, et à confondre les civilisations avec les religions. Prétendre que les «bonnes valeurs» sont d'un lieu particulier est irrecevable. On tend ainsi à dresser les uns contre les autres les groupes humains, comme le fait l'ouvrage de l'idéologue américain Samuel Huntington, le Choc des civilisations, en hiérarchisant des «cultures» traitées comme des blocs monolithiques. On renoue ainsi implicitement avec la thèse ethnocentriste naguère dénoncée par Lévi-Strauss dans sa conférence «Race et Histoire». On se dote d'histoires particulières, valorisées contre les autres histoires, et l'invective sourde ou avouée n'est alors que la conséquence d'un tel «esprit de clocher».
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Les droits de l'homme, la démocratie, les idéaux de liberté et d'égalité, de paix et de fraternité, l'émancipation laïque, ne sont pas les produits d'une histoire ou d'une civilisation particulières, encore moins l'héritage d'une religion. Ils sont des conquêtes de l'humanité refusant l'oppression, conquises souvent dans le sang et les larmes, à rebours de traditions rétrogrades. Leur portée universelle transcende tous les héritages et réside dans l'exigence d'une vie d'homme debout, rétif à toutes les servitudes.
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Fonte:

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