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giovedì, giugno 23, 2011

 

MIRACOLO DELLA NON APPARIZIONE DELLA MADONNA

«Tutti i giorni presso il raccordo anulare di Roma non è apparsa la Madonna. Il miracolo della non apparizione della Madonna sta portando una moltitudine di fedeli della Chiesa cattolica a bloccare tutte le strade che affluiscono al raccordo anulare romano. Infatti, nessun credente vuole mancare all’appuntamento del miracolo della non apparizione della Madonna per esserne testimone oculare. Secondo una nota delle gerarchie della Chiesa Cattolica e del Vaticano, la non apparizione della Madonna è da ritenersi certamente uno dei più grandi miracoli che dimostrano l’esistenza della Madonna.»

Ennio Montesi

http://raccontipernonimpazzire.blogspot.com/

“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”. Joseph Pulitzer, Fondatore Premio Pulitzer

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lunedì, giugno 13, 2011

 

IMPIASTRO CADAVERICO NEI SEGGI ELETTORALI DI FIORENZO NACCIARITI

Richiesta rimozione

simboli religiosi dai seggi elettorali.

Riceviamo e pubblichiamo:



Raccomandata A.R.

Al Presidente della Repubblica italiana

Palazzo del Quirinale

00187 ROMA


Al Ministro dell'interno

Ministero dell'interno

Palazzo Viminale

Via Agostino Depretis

00184 ROMA


Al Prefetto di Ancona

Prefettura di Ancona

Piazza del Plebiscito n. 1

60100 ANCONA


OGGETTO: Richiesta rimozione simboli religiosi dai seggi elettorali.


Spiegazione dell'invio multiplo:

la presente è rivolta principalmente al Ministro dell'interno;

copia della presente richiesta è inviata al Presidente della Repubblica in quanto il sottoscritto ritiene che ciò sia atto dovuto per questioni riguardanti il preavviso di ricorso a Fori e organismi internazionali, nonché per conoscenza per la sua veste di Capo della Pubblica Amministrazione;

copia della presente richiesta è inviata al Prefetto di Ancona per quanto riguarda i compiti dell'ufficio elettorale della prefettura nell'istruzione dei presidenti di seggio circa i loro doveri di legge.

Il sottoscritto NACCIARITI FIORENZO, nato a xxxxxxxxx (AN) il x xxxxxx xxxx, residente a Falconara Marittima (AN), xxx xxxxx xxxxxxx xx, c.f. xxx xxx xxxxx xxxxx,

PREMETTE.

Con lettere raccomandate A.R., in data 12 maggio 2005, inviate al Presidente della Repubblica italiana, al Ministro dell'interno, al Prefetto di Ancona, al Sindaco del Comune di Senigallia (dove risiedeva a quel tempo), il sottoscritto avanzava richieste analoghe a quelle in oggetto nella presente richiesta, in riferimento al voto per il referendum del 12 e 13 giugno 2005, ricevendo la sola risposta della Presidenza della Repubblica (U.G. N. 1209/2005), la quale in data 26/05/2005, rispondeva al sottoscritto, rilevando la competenza esclusiva del Ministero dell'interno, ministero che, pur avendo ricevuto la citata lettera del sottoscritto e la segnalazione della Presidenza della Repubblica, non assumeva il provvedimento richiesto e motivato dal sottoscritto.

Con lettere raccomandate A.R., in data 15 marzo 2006, inviate al Presidente della Repubblica italiana e al Ministro dell'interno, il sottoscritto confermava il proprio rifiuto di votare in una situazione che vedeva il simbolo della Chiesa cattolica apostolica romana, detto crocifisso, esposto, in regime di monopolio, in alcuni seggi della Repubblica italiana in dispregio del Supremo Principio di laicità o non confessionalità dello Stato e dell'articolo 3 della Costituzione.

Permanendo tale inaccettabile situazione, in tutte le chiamate elettorali successive al referendum del 12 e 13 giugno 2005, il sottoscritto non si è più ritenuto libero di votare e non ha votato. Per ciò il sottoscritto considera soppressa la propria libertà di voto. Annota di essersi recato al seggio il giorno 29 marzo 2010, per vedere se l'Amministrazione garantiva il rispetto del Supremo Principio della laicità dello Stato, e di aver constatato che ciò non avveniva, ma che "casualmente" nell'aula dove è situato il seggio di sua pertinenza non era esposto il crocifisso, mentre in tutte le altre aule, poste sullo stesso corridoio della scuola media "Ferraris", sita in via Speri a Falconara Marittima, il crocifisso c'era.

Prima di procedere oltre il sottoscritto ritiene di dover fare una lunga premessa relativa alla sentenza della Grande Camera della CEDU sul crocifisso, nel caso Lautsi e altri c. Italia (ricorso n. 30814/06), premessa necessaria per fugare alcune possibili incomprensioni su quanto sotto richiesto dal sottoscritto, nel caso che le informazioni distorte sul valore di tale sentenza, propagate dai media, abbiano attinto anche il pensiero dei rappresentanti delle pubbliche Amministrazioni a cui tali richieste sono rivolte e li porti erroneamente a considerare che tale sentenza abbia messo la parola fine sulla questione del privilegio per la Chiesa cattolica apostolica romana di poter esporre, in regime di monopolio, il suo simbolo, detto crocifisso, negli uffici pubblici.

In quanto segue, con "Convenzione" si deve intendere la Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, con "CEDU" si deve intendere Corte europea dei Diritti dell'Uomo, con "Camera" si deve intendere la Corte di 7 giudici della CEDU che ha emesso il primo giudizio, con "Grande Camera" si deve intendere la Corte di 17 giudici della CEDU che ha emesso il giudizio sul ricorso.

Vista la sentenza sul crocifisso emessa dalla Grande Camera nel caso Lautsi c. Italia e constatato che la stessa è stata ottenuta dal Governo italiano con una serie di falsità, infatti nella sentenza si ricava che il Governo italiano avrebbe sostenuto, tra altre falsità, che in alcune scuole italiane si celebrerebbe la fine del ramadan, e rilevato che ciò appare perfino ridicolo se confrontato con la realtà: versetti del corano prontamente rimossi dalla scuola dove la famiglia Smith aveva ottenuto la loro esposizione da parte della maestra dei suoi figli; giudice Montanaro insultato e minacciato per la sua sentenza a favore dei membri della famiglia Smith; lo stesso Smith attirato in una trasmissione televisiva e lì fatto oggetto di pestaggio in diretta TV; insulti e minacce ai membri della famiglia Lautsi-Albertin; insulti e minacce al giudice Luigi Tosti; ...

Constatato che la suddetta sentenza contiene una serie di incomprensioni del diritto italiano da parte dei giudici della Grande Camera, cioè:

1) la Grande Camera non ha capito (o non gli è stato ben spiegato) che le circolari fasciste e le norme regolamentari fasciste che prevedevano il crocifisso nelle aule scolastiche sono abrogate, le prime per incompatibilità con la Costituzione italiana, le seconde ex art. 15 C.C. in quanto, come chiarissimamente spiegato nella sentenza della Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, n. 439 dell'1 marzo 2000, anche ai fini concordatari, l'art. 1 dello Statuto albertino è stato abrogato dall'entrata in vigore del cosiddetto Nuovo Concordato e ciò ha comportato l'implicita abrogazione delle norme regolamentari su di esso art. 1 basate, tra le quali le norme regolamentari che prevedevano il crocifisso tra gli arredi scolastici;

2) nella sua sentenza la Grande Camera ha dimostrato di ritenere che nel diritto italiano le (presunte) tradizioni (del crocifisso) possano avere un qualche status di "diritto", mentre invece il secondo comma dell'art. 3 della Costituzione italiana stabilisce che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che si frappongono al pari godimento dei diritti di cui al primo comma dello stesso art. 3, inoltre la Grande Camera ha dimostrato di ignorare l'applicazione effettiva che è stata fatta di tale norma costituzionale, applicazione che ha visto le tradizioni dover soccombere al diritto, per esempio: in Italia le donne, per tradizione (giudaico-cristiana), non potevano esercitare la professione di giudice e l'intervento della Corte Costituzionale ha portato alla rimozione (secondo comma art. 3 Cost.) di tale tradizione di discriminazione delle donne, in quanto in contrasto con il primo comma art. 3 Cost..

Constatato che alcuni giudici della Grande Camera si sono dimostrati sensibili alle forti pressioni di 10 Stati, pressioni che sono state costituite da ricorsi legittimi e da discorsi traversi (divenuti pubblici a mezzo stampa e simili) sui futuri finanziamenti della stessa CEDU da parte dei detti Stati, discorsi traversi fatti al fine di ottenere una sentenza favorevole al simbolo della religione cattolica apostolica romana e per dar man forte alle richieste di egemonia religiosa sull'Italia (e sull'Europa) promosse dal Vaticano anche tramite suoi apparati di lobbistica palese e occulta (ma la cui presenza è conosciuta per via dei sui effetti), pressioni di cui e lecito pensare che abbiano influito nel condurre alcuni giudici della Grande Camera a una sentenza, apparentemente, favorevole al privilegio per il simbolo della Chiesa cattolica apostolica romana di essere esposto nelle aule scolastiche italiane.

Rilevato che detta sentenza della Grande Camera, in realtà, esplicitamente, afferma solo che non c'è stata violazione dell'art. 9 della Convenzione e dell'art. 2 del Protocollo n. 1 (diritto all'istruzione), in quanto non ci sarebbe evidenza che tale simbolo di parte, il crocifisso, esposto nelle aule scolastiche (dove usualmente si costituiscono i seggi elettorali, ed è questo il motivo di interesse del sottoscritto) riesca a influenzare/indottrinare gli studenti. Evidenziato che la Grande Camera ha preso tale decisione, ma non ha dato alcun criterio oggettivo di quando e come i simboli riescano o meno a influenzare/indottrinare gli studenti, né ha spiegato come, per esempio, il simbolo del Sole delle Alpi esposto in numerosi esemplari in una scuola del Comune di Adro (BS) alcuni mesi prima della sentenza, da amministratori leghisti, sarebbe stato idoneo o meno a influenzare/indottrinare gli studenti, né ha spiegato quali sono i criteri oggettivi di comprovata influenza/indottrinamento per cui tali simboli della cultura "padana" sono stati fatti rimuovere dalla scuola di Adro dalle autorità italiane.

Constatato che la Grande Camera oltre a non aver ben compreso il diritto interno italiano, aver accettato per buone falsità prodotte a discolpa dal Governo italiano (festeggiamento della fine del ramadan nelle scuole italiane, addirittura), essersi dimostrata sensibile alle pressioni politiche e lobbistiche, ha anche disatteso il diritto stabilito dalla Convenzione, rifiutandosi di occuparsi della discussione delle violazioni dell'art. 14 della Convenzione. Il che, in combinato disposto con il fatto che la Camera aveva considerato superflua tale discussione, accantonandola, proprio perché aveva ritenuto sufficiente la condanna dell'Italia stabilita, all'unanimità, nella prima sentenza, per la violazione dell'art. 9 e dell'art. 2 del Protocollo n. 1, porta all'assurdo che, quando c'è violazione dell'art. 9 (sentenza della Camera nel caso Lautsi c. Italia) allora la CEDU della violazione dell'art. 14 non discute, mentre quando non ci sarebbe violazione dell'art. 9 (sentenza della Grande Camera nel caso Lautsi c. Italia) allora della violazione dell'art. 14 la CEDU non discute, cioè della violazione dell'art. 14 la CEDU non discute in nessun caso. Contro il fatto che l'art. 14 nella Convenzione c'è ed è posto proprio a tutela delle discriminazioni nel godimento dei diritti di cui all'art. 9 della stessa Convenzione. L'articolo 14 della Convenzione stabilisce infatti che, dei diritti di cui all'art. 9, tutti devono godere allo stesso modo, senza discriminazione in base a [...] religione o credo. È quindi ovvio che non è sufficiente che la CEDU dica che di un simbolo di una religione esposto in una scuola pubblica statale non è provato il potere di influenza/indottrinamento sugli studenti per cui non c'è violazione dell'art. 9, affinché la stessa possa legittimamente saltare alla conclusione che per ciò non si discute la violazione dell'art. 14, ma, avendo i ricorrenti chiesto, in subordine alla richiesta di rimozione del crocifisso, di esporre un loro simbolo, di cui pure non è provato il potere di influenza/indottrinamento, bisogna che la CEDU spieghi il perché, avendosi due simboli di cui non è provato il potere di influenza/indottrinamento, lo Stato italiano permette l'esposizione di un simbolo e nega l'esposizione dell'altro e bisogna che la CEDU spieghi anche il perché, in un simile caso, non ci sarebbe discriminazione ai sensi dell'art. 14. Appare infatti ovvio che se si discute di un caso nel quale si richiede la rimozione di un simbolo o, in subordine, l'esposizione anche di altri simboli e la CEDU perviene al risultato che il simbolo di cui si chiede la rimozione non viola l'art. 9 della Convenzione e l'art. 2 del Protocollo n. 1, in quanto non sarebbe provato il potere di influenza/indottrinamento di tale simbolo, allora la questione in discussione è "il diritto in base all'art. 9 di esporre negli uffici pubblici i simboli religiosi di cui non è provato il potere di influenza/indottrinamento", con la conseguenza che il criterio per la non discriminazione di cui all'art. 14 rispetto al godimento del diritto di cui all'art. 9 (visto sotto questo particolare aspetto) diventa "il diritto di tutti i simboli di cui non è provato il potere di influenza/indottrinamento a essere esposti negli uffici pubblici" e quindi la scelta arbitraria dei giudici della Grande Camera di non discutere la violazione dell'art. 14 è essa stessa discriminazione, cioè è discriminazione il rifiuto della CEDU di stabilire se anche il logo dell'UAAR, di cui chiedeva l'esposizione la Signora Lautsi, avesse o meno potere di influenza/indottrinamento e, non avendolo, se lo Stato italiano viola l'art. 14 applicando l'art. 9 in modo diverso a seconda del richiedente. Discriminazione da parte dello Stato italiano che la famiglia Lautsi-Albertin aveva lamentato e per le quali pure aveva chiesto la condanna dello Stato italiano nel medesimo ricorso che ha dato luogo alle sentenze della Camera e della Grande Camera nel caso Lautsi c. Italia sul crocifisso. Discriminazione riguardante il fatto che l'amministrazione scolastica della scuola frequentata dai figli minorenni della Signora Soile Lautsi si era rifiutata di esporre, accanto al simbolo della Chiesa cattolica apostolica romana, il logo dell'UAAR (o, nel caso Smith, il dirigente scolastico aveva prontamente rimosso i versetti del Corano affissi con il permesso della maestra o, nel caso Tosti, un solerte funzionario cattolico aveva prontamente rimosso il simbolo dell'UAAR esposto dal giudice). Discriminazione che la Grande Camera ha "risolto" rifiutandosi di discutere in merito alla violazione dell'art. 14, adducendo motivazioni risibili dal punto di vista logico: siccome non ci sarebbe evidenza del potere di influenza/indottrinamento da parte del crocifisso, allora non si discute la discriminazione che lo Stato italiano compie rifiutando di esporre anche altri simboli di cui non ci sarebbe evidenza del potere di influenza/indottrinamento.

Constatato che la Grande Camera con la sentenza sul crocifisso ha stabilito il precedente per cui la pressione di un certo numero di Stati a favore di una tradizione, presunta (infatti in moltissime scuole italiane il crocifisso è comparso solo dopo la circolare 3 ottobre 2002 del Ministero dell'istruzione Moratti), può portare alla disapplicazione di alcuni diritti derivanti dalla Convenzione (nel caso specifico art.14 - divieto di discriminazione nell'applicazione dell'art. 9) e rilevato che tale comportamento manifestamente illegittimo della Grande Camera pone gravi dubbi sull'effettiva possibilità di ottenere giustizia anche presso la CEDU quando si vanno a toccare gli arroganti privilegi di chi nei secoli ha esercitato potere palese e occulto con il terrore generato con la capacità di procurarsi alleati disposti a compiere qualsiasi atrocità e nefandezza, ma ritenuto anche che non tutti i giudici di quell'organismo siano disposti a lasciarsi intimidire e piegare da folle bercianti e da apparati di potere impropri.

Tutto ciò premesso il sottoscritto dichiara di non poter accettare che la suddetta sentenza della Grande Camera venga interpretata nel senso di aver chiarito la legittimità dei crocifissi nei seggi elettorali, anche perché la Grande Camera stessa, nella sentenza Lautsi e altri c. Italia, ha affermato che è comprensibile che la ricorrente possa vedere nell’esposizione del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai suoi figli una mancanza di rispetto da parte dello Stato.

Il sottoscritto:

ribadisce il proprio rifiuto di votare nella situazione in cui nei seggi elettorali dello Stato italiano siano presenti i simboli della sola Chiesa cattolica apostolica romana, in particolare il crocifisso (anche se nel seggio in cui si reca a votare il sottoscritto tale simbolo non fosse presente), in quanto in tale situazione:

1) la pubblica Amministrazione viola il Supremo Principio di laicità o non confessionalità dello Stato italiano stabilito dalla Corte Costituzionale italiana e ribadito in numerose sue sentenze;

2) sussiste una situazione in cui i pubblici ufficiali che operano in tali seggi elettorali non appaiono imparziali e quindi non danno garanzia di probità;

3) si ha una situazione di mobbing per coloro che, come il sottoscritto, percepiscono di essere discriminati e offesi dal mancato rispetto della laicità o non confessionalità dello Stato (e sono parecchi in Italia, come noto dai resoconti giornalistici del dopo-votazioni ormai da parecchi anni a questa parte), tale mancato rispetto è messo in atto con pervicace attivismo da alcune Amministrazioni i cui adepti ormai sembrano, al sottoscritto, operare più al servizio della propria parrocchia che dello Stato (si veda il tipico caso del presidente di seggio che cerca di rifiutarsi di mettere a verbale le proteste dell'elettore riguardanti il crocifisso nei seggi);

ribadisce che il proprio rifiuto di votare in tali condizioni non costituisce una passiva bonaria rinuncia a votare e non è neanche espressione di indifferenza verso il diritto al voto, ma la conseguenza della pervicace volontà del regime che occupa lo Stato italiano di violare il diritto del sottoscritto elettore, come di tutti gli altri, a votare in situazione di rispetto della legalità e in assenza di privilegi in favore della maggioranza religiosa e di discriminazione nei confronti delle minoranze: lo Stato deve essere e apparire laico o non confessionale, i pubblici ufficiali devono essere e apparire imparziali in tutto il territorio italiano, affinché, per esempio, l'elettore possa credere che le varie posizioni elettorali che fanno riferimento alla Chiesa cattolica apostolica non vengano favorite (o che le commissioni esaminatrici scolastiche non tendano a dare voti migliori agli studenti che fanno sfoggio di cattolicità, oppure che negli uffici di polizia i cittadini non cattolici non abbiano trattamenti di sfavore da parte di agenti che in virtù di regolamenti fascisti (abrogati) si dilettano (o forse subiscono anche loro) di servire al cospetto del simbolo della religione di regime (che non si sa come altro chiamare, visto che la religione di Stato è stata abolita e visto i privilegi di cui comunque gode);

ribadisce la propria volontà di denunciare penalmente, ex art. 104 del D.P.R. n. 361 del 30 marzo 1957 e successive modificazioni, il presidente di seggio che si rifiuti di mettere a verbale la protesta del sottoscritto per la presenza del crocifisso NEI seggi elettorali;

ribadisce che per le violazioni e discriminazioni lamentate e argomentate (anche nelle precedenti richieste inviate con le lettere raccomandate A.R. sopra elencate), costituite dall'esposizione dei crocifissi nei seggi elettorali e dal simultaneo rifiuto di esporre anche gli altri simboli, messe in essere ai danni del sottoscritto, e di tutti coloro che si rifanno al Supremo Principio della laicità dello Stato e al rispetto dell'art. 3 della Costituzione, da parte del regime che occupa lo Stato italiano (e non si può chiamare altrimenti un insieme di funzionari che in buon numero appaiono più interessati a procurare favori e privilegi alla religione del Vaticano che a servire lo Stato pluralista e democratico), il sottoscritto si riserva di rivolgersi alle Corti internazionali e ad altri Organismi di garanzia internazionali chiedendo la condanna dello Stato italiano a colpa della faziosità religiosa (e/o culturale) del regime che lo occupa.

Il sottoscritto

CHIEDE

che, il Ministro dell'interno voglia disporre, in tempo utile per i referendum dell'[12 e 13 giugno 2011], la preventiva e permanente rimozione dei crocifissi e degli altri simboli religiosi dai seggi elettorali o l'esposizione nei seggi elettorali anche dei simboli degli altri cittadini che lo richiedano.

CHIEDE

la rimozione dei simboli della Chiesa cattolica apostolica romana dai seggi elettorali, di tutta Italia, poiché lo Stato italiano ha l'obbligo di essere e di apparire imparziale in tutto il suo territorio; si veda ad esempio la sentenza della Corte di Appello di Perugia del 10 aprile 2006, in particolare nel passaggio in cui si sostiene «l’opportunità che la sala destinata alle elezioni sia uno spazio assolutamente neutrale, privo quindi di simboli che possano, in qualsiasi modo, anche indirettamente e/o involontariamente, creare suggestioni o influenzare l’elettore».

Motiva tale richiesta con il fatto che tali simboli sono presenti nei seggi elettorali a causa di circolari e norme regolamentari fasciste dichiarate non avente forza di legge dall'ordinanza della Corte Costituzionale del 13 dicembre 2004, n. 389 e riconosciute abrogate implicitamente ai sensi dell'art. 15 C.C. dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, n. 439 dell'1 marzo 2000, nella quale così è stata motivata tale abrogazione: << Va per completezza rilevato che accanto alle norme interne dettate con le ricordate circolari se ne rinvengono altre di natura regolamentare, contenute nell’art. 118 r.d. 30/4/1924, n. 965, e nell’All. c) r.d. 26/4/1928, n. 1297, e ritenute da cons. stato cit. non incise dagli accordi di modificazione dei patti lateranensi, siccome precedenti quei patti. Tali norme secondarie riguardano solo le scuole elementare e media e si connettono all’art. 140 r.d. 15/9/1860, n. 4336, contenente il regolamento per l’istruzione elementare di attuazione della legge 13/11/1859, n. 3725 (cosiddetta legge Casati), che prescriveva appunto il crocifisso tra gli arredi delle aule scolastiche.

Esse, quindi, non diversamente da quella legge, trovano fondamento nel principio della religione cattolica come sola religione dello stato, contenuto nell’art. 1 dello statuto albertino: principio che proprio il punto 1 del protocollo addizionale degli accordi di revisione del 1984 considera espressamente - se pur ve ne fosse stato bisogno dopo l’entrata in vigore della Costituzione - non più in vigore, con conseguenti ricadute implicite sulla normativa secondaria derivata. Il rapporto di incompatibilità - nel detto parere sbrigativamente ritenuto insussistente con i sopravvenuti Accordi del 1984, rilevante per l’abrogazione ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, si pone, quindi, direttamente non con quelle norme regolamentari bensì con il loro fondamento legislativo: l’art. 1 dello statuto albertino espressamente dichiarato non più in vigore «di comune intesa» (preambolo del prot. add.) con la Santa Sede.>>

Motiva ulteriormente tale richiesta adducendo la necessità del rispetto delle norme nazionali ed internazionali: Testo Unico delle Leggi elettorali; articolo 14 della Convenzione europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali; articolo 3 del Protocollo Addizionale n. 1 alla suddetta Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo; ogni altra fonte di diritto al voto in condizioni di non discriminazione e di non turbamento psicologico.

Qualora invece, il Ministero dell'interno, ritenga che il crocifisso sia presente negli uffici pubblici non in base al diritto, che, come sopra dimostrato, non esiste (in quanto si tratta di circolari e norme regolamentari fasciste non aventi forza di legge e comunque abrogate), ma in base a un dato di fatto comunque motivato, il sottoscritto

CHIEDE

che, per il rispetto dell'art. 3 della Costituzione italiana e dell'art. 14 della Convenzione, sia rimossa la disparità di trattamento tra cittadini italiani cattolici e non cattolici, rimuovendo il privilegio dei cattolici di vedere il simbolo della loro religione esposto negli uffici pubblici con particolare riferimento ai seggi elettorali o, in subordine, permettendo a tutti gli altri cittadini italiani di vedere i loro simboli religiosi (o di gruppi omologhi atei, agnostici, ecc.) esposti al pari di quello dei cattolici e per ciò che lo riguarda in relazione a questa subordinata,

CHIEDE

che venga esposto negli uffici pubblici dove è esposto il crocifisso, con particolare riferimento ai seggi elettorali, anche il simbolo dell'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) di cui allega un esemplare.

Parimenti, qualora il crocifisso venga considerato simbolo culturale invece che religioso, il sottoscritto

CHIEDE

che, per il rispetto dell'art. 3 della Costituzione italiana e dell'art. 14 della Convenzione, in questo caso con particolare riferimento alla non distinzione in base all'opinione, sia rimossa la disparità di trattamento tra cittadini italiani che si riconoscono nel simbolo culturale detto crocifisso e i cittadini italiani che si riconoscono in altri simboli culturali e non nel crocifisso (che magari essi ritengono un simbolo di una cultura negativa, caratterizzata nella storia da miseria umana, atrocità contro l'umanità e stermini, come il sottoscritto ritiene), rimuovendo il privilegio di coloro che si riconoscono nel simbolo culturale detto crocifisso ad essere i soli a poter esporre il loro simbolo culturale negli uffici pubblici, con particolare riferimento ai seggi elettorali, o, in subordine, permettendo a tutti gli altri cittadini italiani di vedere i loro simboli culturali esposti al pari del crocifisso e per ciò che lo riguarda in relazione a questa subordinata,

CHIEDE

che venga esposto negli uffici pubblici dove è esposto il crocifisso, con particolare riferimento ai seggi elettorali, anche il simbolo dell'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) di cui, come già detto, allega un esemplare.

Per ognuna delle autorità amministrative in indirizzo, il sottoscritto allega:

- fotocopia della carta di identità;

- simbolo dell'associazione UAAR Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti.

Il sottoscritto si riserva di inviare copia della presente ad altre istituzioni, associazioni, partiti politici e mezzi di comunicazione.

CON DISTINTI OSSEQUI

Falconara Marittima, 27 maggio 2011

Fiorenzo Nacciariti

(firmata autografa sull'originale)


::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::


PROTESTA PER LA PRESENZA DEI CROCIFISSI

NELLE SALE DELLE VOTAZIONI

Io sottoscritto NACCIARITI FIORENZO nato a xxxxxxxxx il x xxxxxx xxxx, residente a Falconara Marittima in xxx xxxxxxxx xx, iscritto nella lista elettorale della sezione n. 23 ubicata presso la scuola media "Ferraris" in via Speri a Falconara Marittima (AN), oggi 12 giugno 2011, alle ore 11,30 circa, mi sono recato a votare in detta sezione, ho ritirato le schede per votare ma, pur avendo il desiderio di votare, mi sono ritenuto impossibilitato a farlo, per la presenza del simbolo della religione cattolica apostolica romana, detto crocifisso, nelle sale delle votazioni. Per le ragioni esposte nella mia diffida, comunicata al Prefetto di Ancona, al Ministro dell'Interno, al Presidente della Repubblica con lettere raccomandate A.R., in data 12 maggio 2005, confermate con lettere raccomandate A.R., in data 15 marzo 2006, inviate al Presidente della Repubblica italiana e al Ministro dell'interno, ribadite con lettere raccomandate A.R., in data 27 maggio 2011 e 28 maggio 2011, inviate al Prefetto di Ancona, al Ministro dell'Interno, al Presidente della Repubblica, in cui ho chiesto la preventiva e permanente rimozione del crocifisso dalle sale delle votazioni (o, in subordine, l'esposizione anche del simbolo dell'UAAR), non ho potuto accettare la rimozione temporanea o l’assenza “occasionale” di detto simbolo, in quanto (ribadisco quanto significato nelle citate diffide) non si tratta solo di un fatto personale, relativo alla discriminazione su base religiosa (e/o culturale) da me percepita, ma si tratta anche e principalmente del rispetto del Supremo Principio della laicità dello Stato, che non può sussistere se non in forma estesa a tutto il territorio dello Stato. E si tratta del condizionamento psicologico del voto, per mezzo di simboli subliminali di parte.

Per tanto, ho riconsegnato tutte le schede senza essermi recato in cabina e senza aver votato. Preciso che ciò non può essere considerato atto esprimente la mia volontà di astensione, ma deve essere considerato fatto conseguente alla mancata garanzia di condizioni di voto accettabili da parte mia; sussistendo le quali avrei votato, avendone il desiderio.

Visto che il supremo principio della laicità dello Stato non è stato rispettato e che la discriminazione su base religiosa (e/o culturale) è stata perpetrata, confermo la volontà espressa nelle citate diffide di ricorrere ai competenti Fori e Organismi di controllo internazionali in materia di discriminazione su base religiosa (e/o culturale) e in materia di condizioni di voto libero, anche da condizionamenti psicologici realizzati tramite l'apposizione nelle sale delle votazioni di simboli subliminali quali il crocifisso. Ritengo che la presenza, all'interno di un seggio elettorale, di un simbolo religioso (e/o culturale) di una specifica confessione (e/o cultura), privo quindi di valore laico e universale, sia in palese contrasto con il Supremo Principio costituzionale della laicità dello Stato, sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 203/1989 e successive, e confermato, nel caso specifico dell'esposizione dei crocifissi nei seggi elettorali, dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 439/2000.

La presenza del crocifisso è altresì in contrasto con il pronunciamento della Corte di Appello di Perugia dello scorso 10 aprile 2006, in particolare con il passaggio in cui si sostiene «l'opportunità che la sala destinata alle elezioni sia uno spazio assolutamente neutrale, privo quindi di simboli che possano, in qualsiasi modo, anche indirettamente e/o involontariamente, creare suggestioni o influenzare l'elettore».

Chiedo che la presente protesta sia allegata al processo verbale di codesta sezione e mi permetto, rispettosamente, di ricordare al segretario della sezione che l'articolo 104 del D.P.R. n. 361 del 30 marzo 1957 e successive modificazioni prevede quanto segue:

"Il segretario dell'Ufficio elettorale che rifiuta di inserire nel processo verbale o di allegarvi proteste o reclami di elettori è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa sino a lire 4.000.000."

CON DISTINTI OSSEQUI

Fiorenzo Nacciariti

(firmato autografo sull'originale)

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sabato, giugno 04, 2011

 

TUTTI I CITTADINI POSSONO ESIGERE RISARCIMENTO ECONOMICO DAI PRETI, VESCOVI E CARDINALI

«Tutti gli stregoni ciarlatani preti, vescovi e cardinali della terrorizzante setta fondamentalista, oltranzista ed integralista della Chiesa cattolica a causa dei loro pressanti ed arroganti indottrinamenti di superstizioni medievali e di criminali menzogne commettono il grave reato penale di “abuso della credulità popolare”. Pertanto tutti i ciarlatani preti, vescovi e cardinali possono essere denunciati penalmente dai cittadini alla Procura della Repubblica e alla Magistratura poiché tutti loro preti, vescovi e cardinali, indistintamente e in qualsiasi area geografica siano dislocati, infrangono l’articolo 661 del Codice Penale. Ai sensi dell’art. 661 C.P. “si ha abuso della credulità popolare quando taluno, per mezzo d’imposture, trae in inganno una moltitudine di persone”. Tutti i cittadini possono da subito sporgere denuncia penale verso tutti i preti, vescovi e cardinali, dichiarandosi parte lesa, adendo vie legali, chiedendo ed esigendo dai preti, dai vescovi e dai cardinali il risarcimento per i danni subiti, danni morali, danni biologici, danni psicologici e danni esistenziali. Preti, vescovi e cardinali una volta condannati dal giudice a risarcire economicamente il danno, non potranno evitare di soddisfare il risarcimento stabilito dal giudice poiché sarà sufficiente, il tale caso, fare istanza per il sequestro cautelativo degli immobili in loro possesso fino ad arrivare, se necessario, a metterli forzatamente all’asta. Se preti, vescovi e cardinali non fossero proprietari di immobili, il sequestro cautelativo verrebbe effettuato e si sposterebbe inesorabilmente sugli immobili di proprietà dell’associazione della Chiesa cattolica e/o dello Stato del Vaticano poiché tali strutture risultano essere organizzazioni dirette responsabili a tutti gli effetti essendo preti, vescovi e cardinali facenti capo a tali strutture, alle loro strette dipendenze e ad esse subordinati. Tutti i cittadini potrebbero incassare una bella e consistente somma di denaro dai preti, vescovi e cardinali. Denaro fresco e sicuro, di certo meglio del tentare la fortuna con i gratta e vinci e con le lotterie. In base alla bravura e determinazione del proprio avvocato, i cittadini potranno decidere e scegliere se farsi una bella e lunga vacanza, comperare l’auto nuova, comperare un bell’appartamento, comperare un grande attico in centro, comperare una bella villa in collina, oppure comperare una tenuta in campagna alla faccia dei preti, vescovi e cardinali. Non solo, il cittadino una volta incassato l’assegno, può ricominciare un altro giro con un altro prete, vescovo e cardinale. E così via senza fermarsi, i cittadini possono pensare di mettere insieme un proprio consistente patrimonio e vivere di rendita per diverse generazioni. In concreto, i cittadini si possono legalmente riprendere la montagna di denaro, che i gerarchi cattolici-fascisti hanno loro depredato da sempre, accumulato attraverso la scellerata tangente annua dell’8x1000 e da altri inauditi privilegi, oltre 9.000 (novemila) milioni di euro ogni annuo depredati ai cittadini grazie alla disgraziata concussione tra lo Stato Italiano e lo Stato extracomunitario e dittatoriale del Vaticano.»

Ennio Montesi

http://raccontipernonimpazzire.blogspot.com/

“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”. Joseph Pulitzer, Fondatore Premio Pulitzer

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IL TEOLOGO È UN POVERO DISTURBATO MENTALE

«Il teologo è un povero disturbato mentale che ostinatamente si arrovella il cervello per cercare di dare un senso alle eclatanti idiozie per sprovveduti, alle quali si sforza di credere, non avendo egli il coraggio e l'onestà intellettuale di ammettere che sono solo stronzate inventate dai truffatori ad uso degli imbecilli.»

Ennio Montesi

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“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”. Joseph Pulitzer, Fondatore Premio Pulitzer

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