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giovedì, maggio 24, 2012

 

La Miracolosa Conversione di Dante Svarca




Ovverosia il diritto a cambiare la propria opinione e ad affermare la propria immagine pubblica secondo la propria volontà.

Lo scorso venerdì 18 maggio 2012, dalle ore 18:00 alle ore 19:30, presso la sala delle conferenze dell’Hotel City di Ancona, Dante Svarca, già coordinatore del Circolo UAAR di Ancona, ha presentato il suo nuovo libro “NO GOD – Perché credere nell’uomo e non in Dio” (edito da Vertigo, febbraio 2012).

Questo nuovo libro di Dante Svarca compendia e rinnova in circa 183 pagine e 22 capitoli il suo precedente libro “Jahvè, Dio e Allah: false divinità – 101 motivi per credere solo nell’uomo” (edito da Albatros, giugno 2010) che constava di circa 446 pagine e 101 capitoli.

La presentazione, organizzata dall’autore senza alcun collegamento con l’UAAR, avvenuta davanti ad un selezionato pubblico di amici parenti ed estimatori (ma aperta a tutti), è stata corredata da numerose immagini e testi videoproiettati ed è stata molto più estesa rispetto agli argomenti trattati nel nuovo libro.

Peraltro, ad avviso di chi scrive, Dante Svarca ha colto l’occasione della presentazione del suo nuovo libro per comunicare un sentito messaggio riguardante l’immagine pubblica che il nostro vuole dare di se stesso rispetto alla qualifica di ateo che la precedente esperienza di coordinatore del Circolo UAAR di Ancona può avergli cucito addosso e nella quale egli sembra non riconoscersi o non riconoscersi più.

Il libro, scrive l’autrice della prefazione Margherita Hack, qualora letto nelle scuole “sarebbe un modo veramente razionale e innovativo di affrontare il problema dell’insegnamento religioso”. [Ma chi scrive teme che le gerarchie vaticane e i loro lacchè nelle istituzioni italiane siano contrari all’insegnamento religioso razionale e innovativo.]

Nei 22 capitoli l’autore intreccia la sua visione della scienza, della filosofia, della storia delle religioni, l’ironia e qualche stilettata provocatoria, in dosi atte più a stimolare la curiosità del lettore ad approfondire i temi trattati che a convincerlo delle posizioni dell’autore stesso.

A parere di chi scrive non mancano neppure spunti di viva comicità e il capitolo 9, Il Paradiso, potrebbe essere facilmente rappresentato in un breve monologo teatrale di sicuro effetto comico.

Visto il sottotitolo, in tutto il libro (e ancor di più in tutta la presentazione) aleggia una costante attenzione dell’autore per un non meglio precisato “cristianesimo delle origini” (a prescindere dall’effettiva storicità del personaggio Gesù detto il Cristo sulla quale l’autore non insiste) [cristianesimo delle origini che forse precede di alcuni decenni la leggenda di Gesù], sorta di cristianesimo che sarebbe stato orientato [almeno in alcune sue versioni] all’introduzione nella religione della tematica dell’uomo come "unico essere a possedere una scintilla di divinità" o almeno: cristianesimo avente il pregio di non avere le aberrazioni insorte dopo l’uso che Costantino ne stabilì come mezzo ai fini dello Stato e che altri portarono poi al delirio.

Nei sottotitoli “Perché credere nell’uomo e non in Dio” e “101 motivi per credere solo nell’uomo” (del precedente libro), l’autore sembra riassumere la sua dottrina tendente al rifiuto dei miti e dei dogmi teologici, specialmente dei tre monoteismi, e all’accettazione e la valorizzazione di quelle parti degli insegnamenti di Gesù (o chi per lui) [nell’interpretazione dei misteriosi cristiani delle origini?], Buddha e quanti altri, secondo l’autore, sono utili a giustificare la necessità di credere nell’uomo e a renderlo responsabile del proprio presente e del proprio futuro e sono utili a togliere all’uomo l’illusione di una vita nell’”aldilà” che certe religioni promettono per stabilire sull’uomo un controllo mentale e comportamentale tale da renderlo pecora, docile alla conduzione del pastore.

Verso la fine della sua presentazione Dante Svarca ha tenuto a precisare di non riconoscersi nella definizione di “ateo” in quanto ormai definitivamente credente: nell’uomo [simbolicamente Gesù uomo e non Dio?]. Ha poi annunciato che le religioni sono inevitabilmente alla loro fine e che lui  preferisce partecipare alla preparazione di tale cambiamento epocale in maniera meditata e lungimirante (pensando più che altro a chi verrà dopo) in compagnia di quanti: cristiani di base, cattolici aperti al dialogo (?) [ha citato il Cortile dei Gentili], eccetera, si dimostrino consci della problematica e siano pronti a preparare la gestione del cambiamento.

Chi scrive è ateo, si trova a suo agio con la definizione di “ateo” dall’età di nove anni (cioè ormai da circa 47 anni) e non vede motivo alcuno di separarsi da tale autoclassificazione. Lo scorso agosto 2011 ad Oslo ha partecipato al Congresso mondiale umanista e ha potuto constatare che umanisti, secolaristi, laicisti, liberi pensatori, unitariani,  … , non hanno alcun problema a comprendere nella loro comunità gli atei. E quindi ritiene che la difficoltà degli italiani a definirsi atei sia più una debolezza di carattere, una mancanza di resistenza al condizionamento ambientale che una reale esigenza.

Ma a tal proposito Dante Svarca ha dichiarato: “Io non penso che il mio mutato atteggiamento sia da ascrivere a una debolezza di carattere. Io sono ateo perché non credo in alcuna divinità trascendente, ma, come ho precisato, non mi piace questa espressione poiché è stata coniata dai credenti per connotare in maniera negativa i non credenti; in secondo luogo perché, in realtà, io credo in qualcosa ed esattamente credo nell'uomo, unico essere conosciuto dotato di una scintilla di divinità e padre di tutti gli dèi, poiché tutte le divinità sono frutto della sua fantasia.

Credo nell'uomo quale unico  essere vivente capace di migliorare la condizione e la natura umana, cioè credo nella razionalità, nella scienza, nella ricerca, nella medicina e nella possibilità di intervenire sul nostro Dna.”

Riportati i due differenti punti di vista sulla definizione di “ateo”, i migliori auguri a Dante Svarca per la sua “meglio precisata immagine pubblica” di persona a cui non piace la definizione di “ateo” ma che si riconosce nella definizione di “Credente nell’Uomo”, immagine pubblica che spetta solo a lui stabilire, cambiare e aggiornare come meglio crede.

Peraltro, a parere di chi scrive, la sua meglio precisata collocazione nella sfera delle persone che rifiutano i miti e i dogmi monoteisti, ma a cui non piace la definizione di “ateo”, non trova obbiezione alcuna all’appartenenza alla più larga sfera umanista secolarista che si compendia nell’IHEU, di cui l’UAAR è membro attivo.

Fiorenzo Nacciariti

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